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Intervista a Lorenzo De Luca

Cinquant'anni e non sentirli. Chi ha ucciso Bruce Lee è la domanda che inevitabilmente ricorre più di frequente. L'esistenza del Piccolo Drago però, attraverso la magica espressione della sua arte, resta un punto fermo anche per coloro che le arti marziali non le hanno mai praticate. In cinquant'anni Bruce Lee non ha perso un briciolo di fama, anzi il suo cinema e la sua vita continuano a stupire, affascinare, fornire spunti di riflessione. Sul re del Kung Fu c'è ancora molto da capire.

Quello che ancora non sappiamo sul Piccolo Drago lo ha raccontato Lorenzo De Luca nell'opera fresca di stampa Bruce Lee untold, e un po' la racconta anche a noi nella generosa intervista che riportiamo qui a seguire (e ringraziamo il nostro autore per averla concessa):

- Come nasce il libro Bruce Lee untold?

"Nasce dall'accumulo di materiale per decenni, materiale successivo ai 4 libri che pubblicai per Edizioni Mediterranee; nasce perché ad oltre mezzo secolo dalla sua misteriosa morte, il Piccolo Drago suscita ancora interesse: oggi lo suscita nei Social, questo nuovo strumento che può essere diabolico, ma io e l'editore speriamo di far riscoprire a un po' di lettori il piacere tattile del cartaceo; il piacere di un buon libro."

- Ha scritto diversi libri su Bruce Lee, com'è nato il suo interesse per questo personaggio?

"Non ne ho la minima idea: non basta dire che andavo a vederlo al cinema da bambino, è come chiedere a qualcuno: 'perché ti sei innamorato di quella donna e non di quell'altra?'. L'amore ubbidisce a meccanismi irrazionali che toccano corde molto profonde in noi. Peraltro a farmi innamorare davvero di Bruce Lee fu proprio la casa editrice Edizioni Mediterranee con Bruce Lee - La sua vita la sua leggenda, nei lontani anni '70. Quel libro fu rivelatorio (e pensare che in copertina non c'era nemmeno Bruce Lee, ma il suo sosia "Bruce Li", alias Ho Chung Tao) e gettò il seme di tutto quel che io ho fatto dopo. Insomma è colpa vostra, non dei film!"

- In Bruce Lee untold traccia un ritratto personale molto approfondito: chi era davvero Bruce Lee?

"Nemmeno Bruce Lee seppe rispondere a ciò: era uno spirito in evoluzione, precisò che gli era arduo fissare dei contorni precisi su di sé, poiché ogni giorno era per lui fonte di apprendimento. Lui si definì un essere umano che cercava di esprimersi onestamente attraverso il suo Kung-Fu e il suo cinema, dunque non lo definirei un lottatore, come fanno gli esaltati, e nemmeno un attore e basta, come fanno i disinformati. Lo definirei un artista; e come tale una personalità contraddittoria, con mille luci e mille ombre, il che tiene vivo il dibattito."

- Qual è l'aspetto della vita del Piccolo Drago che ritiene più affascinante?

"Il cinema, non c'è dubbio. Essendo stato io stesso uno sceneggiatore per molti anni, so che il cinema è una sirena che attrasse col suo canto il piccolo Bruce molto prima che le Arti Marziali entrassero nella sua vita con gli insegnamenti del suo istruttore Wong Shun Leung."

- Quali sono gli aspetti più significativi della carriera di attore di Bruce Lee?

"Tutti! Ha esordito a sei mesi nel ruolo d'una neonata in un film andato perduto ed è morto a pochi mesi dalla fine delle riprese di I 3 dell'Operazione Drago: dunque ha trascorso la sua intera esistenza davanti alla cinepresa, e ad essa in un certo si è immolato, diventando il primo martire del cinema di Arti Marziali; il James Dean degli anni '70. Con la differenza che sulla morte di Dean non esistono misteri, mentre sulla sua qualcosa che non torna c'è."

- A distanza di anni i film che hanno Bruce Lee protagonista sono ancora dei cult, cosa li rende unici rispetto ai film sulle arti marziali contemporanei? In molti ci hanno provato ma nessun attore e artista marziale (occidentale o orientale che sia) è diventato il vero erede di Bruce, perché?

"Perché Bruce Lee non era la star che recita nel film: lui era la star che è il film stesso! In altre parole senza di lui i suoi film non erano migliori o peggiori di altri. Poi è cambiato il mondo: dopo Lee non c'era più l'effetto-sorpresa, perché le Arti Marziali al grande pubblico le aveva disvelate lui con i suoi film. Poi c'è il talento personale di Bruce, la sua capacità di convincerci di essere invincibile grazie al suo carisma, al talento artistico, alla bravura atletica. Infine un erede c'è stato: Brandon Lee, che ho conosciuto, potenzialmente più forte del padre, come spiego nel libro. Ma lo hanno ucciso; o hanno ucciso anche lui, come sostengono i complottisti (termine che sta ad indicare chi usa il suo cervello anziché bersi passivamente ciò che dicono i media.)

- A suo parere cosa ha contribuito a generare il "mito" Bruce Lee negli anni '60 e '70? Perché la vita di Bruce Lee non finisce di stupire a cinquant'anni dalla sua scomparsa e l'interesse resiste fino ad oggi?

"Perché Lee non è un mito: il mito è un'invenzione che l'Uomo fa fin dalla notte dei tempi per spiegare fenomeni che non conosce. La leggenda ha invece una base di verità che viene ingigantita: Lee è una leggenda, fosse mito staremmo parlando di qualcuno che non è mai esistito. Potremmo dire che fu una delle incarnazioni del mito di Ercole, il semi-dio greco, in grado di domare il Male con la sua forza e la sua rettitudine, un archetipo che ritroviamo anche nel cinema western. Ma vedere un eroe omerico in John Wayne che era alto quasi due metri, era più spiegabile; tutt'altra cosa è spiegare quale fascinazione il pubblico di tutto il mondo abbia visto in quel cinesino alto 1,72 per 63 kili di peso, cieco come una talpa, con una gamba lievemente più corta dell'altra. Come scrisse qualcuno, era più un fenomeno sociologico che cinematografico: Lee aveva il cosiddetto complesso di Napoleone, un narcisismo talmente colossale che riusciva a proiettarlo sugli altri, unito a una forza di volontà d'acciaio; e al talento, ovviamente. Si preparò fanaticamente, e quando vide che Hollywood non gli dava opportunità, se le costruì da solo: il Kung-Fu è solo un dettaglio, questo è il vero talento che gli consentì di affermarsi ovunque... tranne che in Cina! Paradossalmente proprio là era ignoto, perché i film di Kung-Fu erano proibiti. Poi, molti anni dopo di noi, lo conobbero anche loro e si fabbricarono un epigono pechinese chiamandolo 'Jet Li'!"

- "rompere le regole" (cit dal libro): quanto ha influito essere un innovatore nella vita di Bruce Lee e nella sua visione delle arti marziali? E cosa resta oggi della sua volontà di innovare il kung fu e le arti orientali tradizionali?

"Non essendo io un praticante di Arti Marziali, la mia risposta è solo un'opinione, ma anche tra i praticanti (e ne ho conosciuti parecchi!), i pareri divergono: c'è chi lo reputa un innovatore concettuale, per il suo infischiarsene delle tradizioni e dei settarismi, prendendo tecniche da qualunque stile di lotta; c'è chi lo reputa anche un fenomenale lottatore, in base ad aneddoti indimostrati ma certamente aventi un fondo di verità, quantunque molto esagerato dalla fantasia. Secondo me se non avesse rotto le regole (e anche le scatole!) non sarebbe andato da nessuna parte. Per certi marzialisti il suo lascito sta nelle MMA, Mixed Martial Arts, che adottano un po' il principio suddetto: piglia quel che ti serve e butta il resto. Butta nel cesso i formalismi e sbatti per terra il tuo avversario. Comunque oggettivamente ha generato un impulso mostruoso alle palestre di qualsivoglia stile che sin da allora hanno aperto in Occidente ed Oriente, incrementando il business anche dei maestri tradizionalisti che lo reputavano un punk! Secondo me era 50% marzialista, 50% attore, 100% rockstar, showman, genio."

- Nel corso del tempo sono state fatte molte speculazioni riguardo la morte del Piccolo Drago. Nel libro scrive “ero stato abbastanza convinto dell'ipotesi accidentale, ma non era ancora morto Brandon e non ero mai stato a Hong Kong” (cit. dal libro): che città era Hong Kong quando ha fatto le sue ricerche sul posto?

"Se uno guarda lo stile di vita di Bruce c'è da meravigliarsi che non sia morto prima, ed io ero abbastanza sicuro dell'ipotesi accidentale, ma poi, dopo la fine assurda del figlio (colpito come più o meno avveniva in L'ultimo combattimento di Chen), mi sono convinto che un fulmine non cade mai due volte sullo stesso posto, perciò c'era una volontà precisa. Hong Kong ai tempi di Bruce era una città frenetica che non riposava sugli allori. Infatti venne dimenticato quasi subito. Ed era la stessa Hong Kong che ho visto io, fatte le dovute differenze, ibrida, contraddittoria. Chissà quanta gente ha fatto incazzare uno come lui che si muoveva come un dragone in una cristalleria! Era occidentalizzato nei modi, e questo cozzava contro certi equilibri; ma era anche talentuoso e intemperante, e questo fa presumere un certo contrasto con le Triadi, i sindacati del crimine cinese, che gestivano ogni settore dell'economia locale."

- Nel libro presenta la cronistoria dettagliata delle ultime ore della vita di Bruce Lee e rivela particolari sulle numerose speculazioni fatte sulla sua scomparsa. Chi avrebbe potuto avvantaggiarsi della sua morte?

"Questo lasciamo che i lettori lo scoprano o lo intuiscano leggendo il libro. Gli elementi ci sono affinché ciascuno possa formarsi una sua idea."

- 1973 morte di Bruce - 1993 morte di Brandon: il caso esiste?

"Avete saltato una data: il 1983! 1973-1983: nel primo decennale della morte di Bruce Lee e nello stesso mese, luglio, morì tragicamente colui che a Hong Kong ne era reputato il successore: Alexander Seng, grande attore di soli 29 anni. Incidente d'auto. Forse lì fu un caso, ma comunque per i superstiziosi di Hong Kong l'analogia temporale contava e dunque non era un caso. Passano altri dieci anni e nel 1993 muore l'erede diretto, Brandon Lee: in questo caso, per me, scusate il gioco di parole, il caso non esiste affatto. Esistono persone che fanno accadere le cose. Ed in tal senso il mio libro passa in rassegna tutte le teorie, da quelle più credibili a quelle più suggestive.

 

 

 

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